PROPOSTA DI PROCEDURE STANDARD PER L’ AUTOPSIA MEDICO-LEGALE

A cura di M. COLONNA, M. BACCI, R.GAUDIO, G. PIERUCCI, R.ZOIA
componenti il gruppo di studio nominato dal Gruppo Italiano Patologi Forensi
PRESENTAZIONE

L’autopsia medico-legale costituisce una fonte insostituibile e non altrimenti vicariabile di prove (evidence) in tutti i casi di morte non naturale evidente o sospetta, motivo per cui ha mantenuto nel tempo il suo prestigio, ampliando il suo ambito di competenza e la sua casisitica e rappresentando l’ultimo baluardo della tecnica di sezione cadaverica (Wright e Tate, 1980), a differenza dell’autopsia anatomo-clinica (riscontro diagnostico secondo le norme di Polizia Mortuaria) che ha conosciuto invece un importante declino (Wood et al., 2001).
L’ autopsia medico-legale ha lo scopo di evidenziare e documentare tutti gli elementi utili per definire:
– causa della morte e mezzi che l’hanno determinata;
– modalità dell’evento (causa patologica naturale, omicidio, suicidio, accidente;infortunio lavorativo).
– epoca della morte.

L’indagine autoptica medico-legale potrà essere inoltre diretta a:
– rilevare oggetti, strumenti o tracce connesse con il crimine;
– recuperare, identificare e conservare materiale probatorio;
– provvedere alla interpretazione ed alla correlazione di fatti e circostanze relative alla morte;
– evidenziare fattori concausali che hanno favorito o modificato l’effetto delle lesioni;
– identificare la vittima;
– rilevare elementi utili per identificare l’autore o gli autori del crimine.

L’autopsia medico-legale (con le tecniche correlate) richiede particolari e per lo più complesse impostazioni tecnico-organizzative e deve attenersi a precisi standard procedurali che sono già definiti, ad esempio, per le indagini di eventi particolari quali i disastri di massa e per ricerche disposte da appositi Tribunali internazionali al fine di perseguire i crimini commessi in violazione dei diritti umani.Infatti l’autopsia diretta a risolvere problematiche giudiziarie deve, com’è noto, essere sempre completa, non essendo ammissibile ricorrere a procedure parziali, quali quelle talora applicate nei riscontri diagnostici per cui sono state previste anche tecniche particolari (needle autopsy, endoscopic autopsy – Ludwig, 2002), o a tecniche alternative (imaging diagnostico TC e/o RM del cadavere: virtopsy – Thali e coll.2003); queste ultime possono rilevarsi utili nelle indagini in casi particolari (ad es. traumi cranici) ma sempr nell’ambito delle indagini complementari.
L’impiego di standard procedurali quali strumenti di riferimento per una condotta dell’ indagine autoptica in maniera completa ed esauriente è stato tenuto in passato in scarsa considerazione in quanto si è ritenuto che tali strumenti fossero necessaria componente del bagaglio culturale del perito settore, anche se non appariva tranquillizzante in proposito l’esigenza limitata ad una “sufficiente conoscenza dell’ esame medico-legale del cadavere” secondo la raccomandazione, peraltro talora disattesa, della ben nota “Circolare Fani” del 1910.
L’autopsia medico-legale deve certamente corrispondere a necessarie “esigenze di rigorosa professionalità” da sempre richieste dalla dottrina medico-legale (Pierucci, 1989), pertanto il rispetto di una adeguata procedura metodologica (oltre ai requisiti di qualità della struttura) si pone come base fondamentali dell’ “obbligo di condotta” (e quindi insieme di mezzi e di risultati) che deve essere per il medico legale dovere ancor più rigido che per gli altri professionisti sanitari (Fiori,2002).
A questo fine la definizione di “regole generali di comportamento” deve tuttavia ritenersi attualmente esigenza inderogabile e presupposto per garantire l’accuratezza della prestazione, per la tutela della “buona pratica medico-legale” e per il rispetto delle necessità di confronto, di valutazione e di miglioramento delle prestazioni stesse.
Inoltre l’autopsia e la patologia forense in generale, in quanto pertinenti all’area medica, non possono certamente considerarsi realtà immutabili e non suscettibili di progressi in termini di conoscenze, procedure e strumentazione tecnica necessarie per affrontarle in modo ottimale. Quindi, analogamente a qualsiasi altra attività medica, dovrebbero poter essere sottoposte a verifiche (interne ed esterne) di qualità nelle diverse fasi: quella tecnica operativa del rilievo di dati e reperti e della loro analisi morfologica (macro e microscopica) e quelle successive della epicrisi e delle conclusioni diagnostiche.
Uno strumento importante per verificare la qualità delle prestazioni in ambito sanitario è costituito dalle “linee guida” che hanno lo scopo di concentrare in forma facilmente utilizzabile vaste conoscenze scientifiche (o complesse procedure scientifiche) su uno specifico argomento.
In molti campi della medicina, adeguare il proprio comportamento a “linee guida” soprattutto se conformi alle direttive della “evidence based medicine” è oramai una necessità inderogabile. In ambito clinico le linee guida assumono diversi significati; secondo una definizione, forse parziale ma coerente con lo scopo che ci si prefigge, possono ritenersi “una fonte di indicatori attraverso i quali le prestazioni di operatori e di servizi potranno essere valutate anche in modo comparativo….” (Procaccini e Ruffo, 2003), ovvero ancora, in maniera più esaustiva ma meno specifica, delle raccomandazioni che identificano una particolare strategia (o un range di strategie) di intervento operativo da cui è ammesso divergere in relazione alle diverse fattispecie in esame (Randall et al., 1998).
Pregi e difetti delle linee guida sono stati ampiamente discussi anche in rapporto alla proliferazione incontrollata di proposte per cui esse devono essere valutate caso per caso da adeguati gruppi di lavoro; in altri termini deve essere verificata la “qualità” delle stesse linee guida in base a precisi parametri tra cui obiettivo e motivazione, coinvolgimento degli attori, rigore metodologico, chiarezza e presentazione, applicabilità, etc. (Procaccini e Ruffo, 2003).
Per quanto concerne l’autopsia medico-legale diverse linee guida sono state pubblicate. Tra le più complete ricordiamo: le “Practice Guideline for Forensic Pathology” (Forensic Pathology Committee of the College of American Pathologists, Randall e coll., 1998) e la Raccomandazione del Consiglio d’Europa n° R (99) 3 per la quale secondo Farneti e Zoja (1999) “può parlarsi ad ogni effetto di linee guida” e che dovrebbero attualmente costituire le norme di riferimento anche nel nostro Paese.
A differenza delle linee guida, gli “standard” indicano invece principi della pratica medica ampiamente accettati per i quali non sono da prevedersi variazioni collegate a fattori specifici determinati dal medico (o dal paziente) a meno che non siano specificatamente previste diverse “opzioni”.
Si tratta, comunque, di “parametri di comportamento tecnico-professionale” la cui mancata osservanza, senza giustificato motivo, evidenzia di per se una procedura inadeguata.
Deve ritenersi pertanto che, in accordo e sulla guida delle Raccomandazioni Europee (a garanzia anche della uniformità in ambito europeo), sia necessario definire le procedure standard per l’ autopsia medico-legale utili per adottare comuni criteri metodologici e descrittivi (model autopsy report) e quindi sistemi di verifica concernenti la congruità e la completezza dell’indagine nelle diverse fattispecie, l’aderenza della descrizione degli organi alla diagnosi finale, la adeguata esecuzione di prelievi e la loro destinazione alle varie indagini complementari.
A questo fine e per una maggiore chiarezza e facilità di impiego, tali standard potrebbero essere suddivisi in due gruppi:
1)- standard di impostazione generale della procedura, diretto a definire un modello base di
prassi operativa e di descrizione delle varie fasi dell’indagine;
2)- standard (minimi) specifici per le diverse patologie di interesse medico-legale diretti a
sottolineare le variazioni e le indicazioni procedurali-metodologiche di base peculiari delle
diverse fattispecie (in questa fase limitate ad esemplificazioni concernenti alcune delle
procedure particolari previste dalla Raccomandazione del Consiglio d’Europa relative
essenzialmente all’ autopsia dell’adulto).
Lo scopo degli standard proposti è quello di costituire dei criteri espliciti di riferimento, strumento indispensabile sia per l’autovalutazione, sia per avviare un programma di verifica e miglioramento della qualità della prestazione professionale, secondo l’ormai collaudato sistema di peer-review, anche se limitatamente alla sola parte tecnico-descrittiva dell’autopsia (Bjugn e Berland, 2002; Burke e Opeskin, 2000).
A tal fine la Società Scientifica dovrebbe essere garante dell’iter formativo e delle successive fasi di revisione e di confronto anche per un eventuale programma di accreditamento dei singoli componenti. L’adesione al programma di verifica (accreditamento) dovrebbe essere comunque del tutto volontaria ed attuata con procedure che garantiscano l’anonimato e comunque non utilizzabili in altri contesti ai fini della valutazione di comportamenti difformi dai criteri di riferimento (Colonna e coll., 2004).
In conclusione, è tempo di utilizzare strumenti idonei (criteri di riferimento e strategie) al fine di perseguire obiettivi di qualità, secondo una prassi da tempo adottata, attraverso la revisione sistematica dei verbali di autopsia con correlate indagini di corredo (v. istologiche, tossicologiche, tanatochimiche, ecc.), in altre realtà medico-legali quale l’Associazione Nazionale dei Medical Examiner (NAME), associazione professionale dei patologi forensi negli USA, ed il Victorian Institute of Forensic Medicine di Melbourne (Australia), noto e ben attrezzato centro universitario (Monash University).

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